Un’infrastruttura strategica mai completata, centinaia di milioni di euro andati in fumo e un pesante danno ambientale: è il quadro emerso dall’inchiesta della Procura della Corte dei conti di Catanzaro, che ha citato in giudizio il “Consorzio di bonifica ionio-catanzarese” (ex Consorzio di Bonifica Alli – Punta di Copanello) e due suoi ex dirigenti, Pietro Filippa e Flavio Alfredo Talarico, ritenuti corresponsabili di un presunto danno erariale da oltre 259 milioni di euro.
La vicenda riguarda la mancata realizzazione della diga sul fiume Melito, che sarebbe dovuta sorgere tra i comuni di Gimigliano, Sorbo San Basile e Fossato Serralta. Il progetto, finanziato inizialmente dalla Cassa per il Mezzogiorno e successivamente dai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture, è stato definitivamente abbandonato dopo la revoca dei fondi, nonostante la spesa già sostenuta di oltre 102 milioni di euro per lavori mai conclusi.
Le indagini, coordinate dal procuratore regionale Romeo Ermenegildo Palma e dal sostituto procuratore generale Fernando Gallone, con il supporto investigativo della Guardia di Finanza, hanno rilevato gravi carenze tecniche nel progetto fin dall’inizio. Il Servizio Dighe del Ministero delle Infrastrutture ne aveva subito evidenziato i rischi per la sicurezza delle popolazioni a valle. Nonostante le successive integrazioni progettuali, i problemi non furono mai risolti, mentre i costi continuavano a lievitare tra ritardi e contenziosi.
Oltre al danno economico, le autorità contestano anche un impatto ambientale irreversibile causato dalle strutture in cemento già realizzate, che hanno compromesso aree di elevato valore paesaggistico. L’opera avrebbe dovuto garantire l’approvvigionamento idrico per mezzo milione di calabresi, sostenere centinaia di aziende agricole e produrre energia per circa 50 comuni. Nulla di tutto questo è stato realizzato.