Beni per circa 600mila euro sono stati confiscati a Pietro Raso, di 35 anni di San Ferdinando, coinvolto nel processo “Ares” nato da un’inchiesta sulla cosca Cacciola-Grasso di Rosarno.
In particolare, i carabinieri del Nucleo investigativo del reparto operativo di Reggio Calabria e del gruppo di Gioia Tauro hanno eseguito un decreto di confisca emesso dalla sezione Misure di prevenzione della Corte d’Appello. Il provvedimento è frutto di una proposta avanzata dalla Procura di Reggio Calabria, diretta da Giuseppe Lombardo, in seguito ad accertamenti svolti dai militari dell’Arma nell’ambito dell’operazione “Ares”, condotta tra il 2015 e il 2018, che aveva acceso i riflettori su un vasto patrimonio ritenuto di origine illecita.
In totale, sono stati confiscati 14 terreni e 2 fabbricati nel comune di San Ferdinando, un’impresa individuale attiva nella coltivazione di agrumi a Rosarno e un prodotto finanziario.
Tutti i beni risultavano formalmente intestati alla moglie dell’uomo, ma secondo gli accertamenti patrimoniali sarebbero stati nella piena disponibilità di Raso che, lo scorso marzo, dopo un annullamento della Cassazione, è stato condannato a 8 anni e 6 mesi di reclusione dalla Corte d’Appello che lo ha assolto dall’accusa di associazione mafiosa.
Sentenza che, adesso, deve essere valutata dalla Corte di Cassazione.