Al termine del processo di primo grado la Corte d’Assise di Reggio Calabria ha condannato a 26 anni di carcere per associazione a delinquere, riduzione in schiavitù, tratta di esseri umani, sequestro e violenza sessuale uno dei presunti capi della mafia nigeriana in Italia, un uomo di 44 anni, già condannato per associazione mafiosa dal Tribunale di Bari.
Il processo è scaturito dall‘inchiesta coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal sostituto della Dda Sara Amerio che aveva portato all’arresto dell’uomo nel febbraio del 2022.
L’imputato assieme a un fratello e ad altre persone che si trovano in Libia e in Nigeria, secondo l’accusa avrebbe reclutato in patria ragazze da condurre con l’inganno in Italia, legate mediante rito voodoo e tenute in uno stato di completa prostrazione psicologica per poi avviarle alla prostituzione.
Una di loro lo ha denunciato e ha raccontato agli investigatori di essere stata sottoposta in Nigeria ad un rito di magia nera per vincolarla al rispetto dell’impegno di pagare la somma di 25mila euro. Stando all’inchiesta, ci sarebbe stata una vera e propria cerimonia in cui la ragazza, all’epoca ventunenne, e la sua famiglia sono state minacciate di morte nel caso in cui avessero infranto il giuramento.
In particolare l’imputato avrebbe fatto arrivare in Italia una ragazza  nigeriana nel 2014 promettendole un lavoro in un bar, costringendola invece a prostituirsi per ripagare il debito; sequestrata in un appartamento a Bari, violentata e messa incinta per poi cacciarla di casa impendendole di portare con sé i documenti e pure il figlio nato dallo stupro subito dal suo aguzzino.